domenica 23 dicembre 2012

Finalmente domenica! (18)



Valutavo che ci sono pochi scrittori italiani che parlano della bolletta del gas, forse nessuno, ecco io invece sono arrivato a casa dopo una dura giornata di lavoro ho aperto la cassetta della posta e c’era la bolletta del gas e ho pensato niente, perché di solito è Marta che apre la cassetta apre la busta e io a dire aspetta! non roviniamoci le scale o l’ascensore con la rabbia, godiamoci il presente come dicono i saggi orientali che non lavorano, saliamo in casa senza sapere quanto dobbiamo pagare a questo Stato ladro, secondo Oscar Giannino chiaro perché io figuriamoci, non mi permetterei mai allora salgo da solo, chiudo la porta alle mie spalle apro la busta e dico ma vaffanculo, ladri, ogni mese ogni settimana c’è qualcosa da pagare, senza contare le abnormi trattenute in busta paga, i tartassati, Totò, la repubblica delle tasse, questo penso. E poi la scadenza, 24 dicembre, che uno dice non avete pietà nemmeno la vigilia di natale.

Ma ecco dicevo, nessun scrittore italiano parla della bolletta del gas, tendenzialmente essi preferiscono ritrovarsi alle presentazioni nelle librerie-supermercato o dentro le scuole di scrittura magari a Torino o a Milano a parlare d’altro, di cose molto più raffinate non della bolletta del gas, che so della camorra o dell’amore, e anzi già che ci sono danno un colpo di telefono a quella casa editrice a Milano o a Torino e si mettono d’accordo ascolta tu pubblichi un romanzo a me che io faccio fare un corso di scrittura a te poi tu vieni qui a fare un corso di scrittura a te che io vengo lì a pubblicare un romanzo a me insomma, ci siamo capiti, fra di noi, cosa vuoi che sia. Chiudono la telefonata, si guardano negli occhi gli scrittori italiani e poi partono le mani alzate: io faccio lo scrittore che si occupa della camorra! io faccio quello che si occupa dell’amore! io quello che lotta contro il razzismo! io quello che denuncia il precariato!...ma mai nessuno che fa quello che parla della bolletta del gas.

Apro la busta e guardo la cifra, scadenza 24 dicembre. Chissà Oscar Giannino quanto paga di bolletta del gas, ma certo con quello che spende in vestiti avrà i soldi anche per pagarsi la bolletta del gas, beato lui. Io no, e dopo una dura giornata di lavoro che mi fa pensare certo che io tutelato mai, nella mia cazzo di vita terrena, il mio presunto e ridicolo talento, mai con il 10 sulle spalle scortato da due mediani a fare il lavoro sporco per me, ma è tutto il calcio ormai a essere cambiato mi dicono, mi tocca fare anche la fase difensiva e allora dopo una giornata di lavoro a fare Bip in cassa non mangio neanche vado a fare una passeggiata finché resta su il sole che poi fa freddo e mi passa la voglia e cammino fino a quella libreria di usato in via Terraggio gestita da quel signore pacato e sfoglio qualche bel volume ma senza comprare, ho la bolletta del gas da pagare. Infine la sera mi guardo una partita dopo che Mario Monti si è dimesso (Arrivederci e grazie, Dracula) il calcio è meglio di qualsiasi cosa, di ridicoli telegiornali e di quotidiani letti dalla gente solo per abitudine, alla ricerca del gossip del momento di un paio di tette al vento o di fantomatiche e superflue analisi politiche riguardanti esperti del posto fisso in parlamento, il calcio è meglio, non me lo leva nessuno, e a quei poveri scrittori pseudo-impegnati che alzano le sopracciglia che non hanno o addirittura disegnate per venti euro dal parrucchiere e mi dicono ma che perdi tempo col pallone! fai come noi che siamo gli scrittori della camorra, dell’amore, della lotta al razzismo, della denuncia del precariato...ecco io dico amici allora pagatemi voi la bolletta del gas che prendete i soldi per far finta d’insegnare ai boccaloni mantenuti dai genitori a scrivere e a far di conto, avete visto? ho scritto di calcio per venti minuti e non ve ne siete nemmeno accorti.

lunedì 17 dicembre 2012

Finalmente domenica! (17)


Da qualche tempo non prendevo la metropolitana, adesso per fortuna si possono tirare anche le gomitate. Quando avevo smesso ero rimasto alle spinte in mischia, ma le gomitate non erano ancora entrate nel bagaglio tecnico del passeggero. Adesso si può, e la gomitata è meglio tirarla quando stai per scendere dal vagone (del tutto gratuita) per poi mantenere il gomito alto come difesa preventiva rispetto a quelli che stringono per salire. Ultimo consiglio: non fare i furbi colpendo all’addome per non farsi vedere, puntate direttamente alle tempie per mettere subito in chiaro la situazione, si formerà immediatamente un largo passaggio generato dal corpo dell’avversario rovinato drammaticamente al suolo. Gli italiani, loro, anche sottoterra gridano chattano giocano con il prolungamento plastico-metallico del loro braccio, e mi chiedo se il giorno della fine, verranno seppelliti col telefonino in mano. E poi una ragazza che diceva alla cornetta: “Mamma, te l”avevo detto che all’università quest’anno l’esame di sesso orale era il più difficile...” e io a pensare ma come ci siamo ridotti in questo paese, interroghiamoci sulla serietà del sistema scolastico nazionale, a meno che non abbia capito male, in ogni caso forse  ritorna Berlusconi. Ecco questa metropolitana agra, mi ha fatto ricordare che il 14 dicembre 2012 Luciano Bianciardi avrebbe compiuto novant’anni.

Non prendo più la metropolitana, vado a piedi o in bicicletta o in tram, oppure in automobile quando devo colmare il tragitto Milano-Brescia o viceversa, questa domenica ad esempio parto da Gussago (Franciacorta) verso le 15.30, insomma alla mezz’ora del primo tempo di Juventus-Atalanta, insomma come l’avvocato Agnelli quando lasciava il Comunale di Torino prima della fine del primo tempo che secondo me comunque scendeva rapido nel parcheggio e diceva all’autista guardando l’orologio sopra polsino: “Ambvogio, vai veloce a casa che non voglio assolutamente pevdevmi nulla del secondo tempo in televisione”.

Eppure questa volta trenta minuti bastano: Vucinic, Pirlo e Marchisio fissano il risultato sul 3 a 0 così partiamo addirittura al ventisettesimo e mentre Pietro mi fa compagnia gridando il suo disappunto per ogni tipo di viaggio automobilistico da quando è nato (cambiati tre seggiolini, deve essere senza dubbio un fastidio filosofico) passiamo Rovato, Dalmine e Bergamo e la nebbia scende facendo un solo bianco con la neve intorno e penso a una frase dell'ultimo romanzo di Aldo Busi che dice: “E ora la mia domanda è sempre la stessa: che senso ha avere il di più se un tuo simile non ha il necessario?”
La ricordo con enfasi al casellante, prima di lasciarli cinque euro e trenta centesimi, spacciandola per una frase del Pontefice, ma il lavoratore di Autostrade per l’Italia mi dice lei si sbaglia, io ho sentito dire al Papa che l’eutanasia, l’aborto e i matrimoni gay sono una minaccia per la pace, non questa cosa del di più e del necessario. Sbigottito schiaccio allora il pedale dell’accelleratore e sorpasso Milano Est, non può essere vero, meglio pensare a certi preti straordinari che tirano avanti nonostante l’orrore del Vaticano, a questa stratosferica Juventus di Conte che calcia 31 volte verso la porta in novanta minuti, ai 76 passaggi riusciti di Pirlo nella trequarti dell’Atalanta, ma soprattutto al fatto che mancano solo dieci giorni al Natale che poi sarebbe soprattutto il mio trentottesimo compleanno.

lunedì 10 dicembre 2012

Finalente domenica! (16)


Wittgenstein, dicevamo. Non se ne parla mai abbastanza. Alcuni lo confondono con Lewandowski, ma il centravanti polacco del Borussia Dortmund non ha lo stesso sguardo svagato eppure magnetico. Nonostante questo si muove bene negli spazi (guardate il primo goal ufficiale di Euro 2012 per avere un’idea), non mi dispiacerebbe affatto come numero 9 per la mia squadra, e volendo creare confusione la targhetta col suo cognome potrebbe ben figurare negli scaffali di filosofia, al momento i miei preferiti in libreria. Mi sono messo a parlare di questo col cliente anziano e squilibrato che sabato voleva sapere in quale libro di Nietzsche fosse presente “Il viandante”, probabilmente nel secondo tomo di “Umano, troppo umano”, non precisamente, quello è un altro viandante, e la sua ombra, il viandante normale invece è nella terza parte di Also sprach Zarathustra, infatti, comunque lui voleva spedirlo a quelli del mattino (o de Il Mattino?) che hanno ancora la fotografia di Sarkozy sulla scrivania, e il campanellino. Così mi ha detto l’anziano, e io ho pensato ma questo è completamente matto, campanellino, anche se magari nella sua testa il ragionamento per associazioni d’idee in qualche modo filava diritto: il viandante di Nietzsche, il mattino oppure Il Mattino, Sarkozy, campanellino.

Nel pomeriggio per reazione mi sono messo a leggere Sebald, Austerlitz, non un luogo ma il protagonista del romanzo secondo lo scrittore tedesco, un mezzo sosia di Wittgenstein, Austerlitz non lo scrittore tedesco, specie per via dello zaino che entrambi portavano sempre con sé, quello di Austerlitz comprato per dieci scellini poco prima d’iniziare l’università in un surplus-store in Charing Cross Road dove la merce proveniva da vecchie scorte militari svedesi, quello di Wittgenstein non so. Non facile però leggere Austerlitz giocando contemporaneamente con Pietro a macchinina di legno verde e blu, roba da stare in piedi a girare le pagine e a sottolineare anche se poco, a muoversi per le due stanze giocando e leggendo, piegandosi e alzandosi a ripetizione, almeno fino a quando il fascino dell’Adelphi bianco non ha sostituito nel bambino quello per la macchinina verde e blu e allora addio, l’esercizio di buon padre è diventato impedire con dolcezza a Pietro di distruggerlo l’Adelphi bianco, e di non infilzarsi l’occhio con la matita ben temperata di Radio 3  che avevo preso due anni fa a “Più libri più liberi”, festival letterario romano al quale stavolta non ho partecipato perché purtroppo non mi hanno invitato. Sarà stato per questo motivo che non sono riuscito a farmi piacere Austerlitz fino in fondo (perché ho dovuto leggerlo in piedi o inginocchiato? Perché non mi sono recato a Roma?) a differenza del mio amico Fred Perannunzi, scrittore francese che mi dicono essere un po’ come me francese, o meglio io come lui italiano, che mi spiace molto non parlare francese altrimenti lo chiamerei per dirgli Hey Fred ma sei tu ad essere il me francese oppure io ad essere il te italiano? Ma non lo so, il francese, e non ho tempo per studiarlo, altrimenti mi sarei già trasferito in Francia magari sulla Costa Azzurra, oppure a Parigi, questo è ancora da decidere nelle immaginazioni parallele alla mia vita reale.

Non ho altro da dire questa domenica, fa troppo freddo, se non che forse da ragazzo avrei dovuto fare come Wittgenstein, e di ritorno dalla prima guerra mondiale avrei dovuto liberarmi della cospicua eredità paterna con delle beneficenze, e decidere di vivere per sempre senza inutili orpelli, vestendo decorosamente ma con estrema semplicità, tra pochi mobili essenziali e nessun oggetto che non fosse strettamente utile. Ma non ho avuto guerre, non ho avuto padri, non ho avuto eredità, e allora ho pensato bene di andare a lavorare e di lasciare stare la filosofia.

domenica 2 dicembre 2012

Finalmente domenica! (15)


Era il 22 novembre 2010 e voi direte ma come fai a ricordati così bene e io perché era il compleanno di Chiara, e al mattino stavo scaricando con Daniele il camion che portava le novità della Mondadori che quando lavoravo in magazzino in libreria talvolta suonava il campanello e noi da sottoterra rispondevamo Chi è? e dall’altra parte un uomo sovente straniero diceva il suo nome di corriere e poi: 50 colli! Salivamo dopo esserci messi il giubbotto, perché in cortile cominciava a fare freddo, e poi il camion entrava in retromarcia apriva lo sportellone posteriore e noi facevamo la catena umana e ci passavamo gli scatoloni fino a impilarli vicino al muro, e ci scappavano pure imprecazioni nobili quando il collo pesava troppo, collo in senso di scatola per chi non lo sapesse cioè il corriere quando suonava intendeva dire che aveva 50 scatole di libri da scaricare non 50 colli sezionati da cadaveri da scaricare. Comunque, si bestemmiava talvolta che io impreco raramente, assai solo quando mi saltano completamente i nervi e accade poco spesso, tuttavia in quei frangenti un porco cane non basta, ve lo assicuro, e a chi dubita o rimprovera immagino papi e preti su tutti ma non solo anche tutta la gente che lavora al caldo ecco io vorrei dire loro provate a cambiare vita, toglietevi la tonaca, abbandonate la scuola dove insegnate, gli uffici dove lavorate, e venite per qualche mese a scaricare al freddo, con la schiena che fa male, e bisogna fare in fretta ecco io in verità vi dico il linguaggio cambia a seconda delle situazioni: bestemmiereste pure voi, e poi tanto state tranquilli che c’è il perdono.

Era il 22 di novembre, auguri Chiara, e mentre Daniele mi lanciava lo scatolone (se leggero) e io lo paravo quasi come Buffon il mio telefono aveva vibrato nella tasca ed era una mail ricevuta con mittente Juventus che io avevo pensato: “pubblicità”, e invece era la segreteria del Presidente Andrea Agnelli che mi scriveva Gentile Dr. Savio, le anticipo in allegato il ringraziamento del Presidente. Se vorrà fornirci l’indirizzo postale, sarà nostra cura spedirglielo, cordiali saluti, G.
Così avevo smesso immediatamente di bestemmiare, cioè di scaricare perché non sono un uomo che bestemmia, avevo detto a Daniele sai che, niente, questa me la tengo per me segreta: Agnelli che mi scrive righe di ringraziamento per il romanzo di mio padre che gli avevo spedito perché parlava anche della Juventus di Platini, incredibile, avevo aspettato la fine del turno per correre a casa e dire a mia moglie trafelato Marta, mi ha scritto Agnelli e lei cosa?! e io ma sì, Andrea, e poi avevo chiamato al telefono mia mamma a Brescia e le avevo detto mamma, mi ha scritto Agnelli! e lei cosa?! e io ma sì, Andrea. Erano passati due giorni, e nella cassetta della posta avevo trovato una busta contenente un cartoncino autografo con sopra scritto...beh questo, me lo tengo per me. L’abbonamento alla Juventus tuttavia non c’era, perché per un momento Marta mi aveva messo la pulce nell’orecchio dicendo magari ti regala un abbonamento e io ma che dici, sempre a pensare che uno ricco debba regalarti qualcosa, stai con i piedi per terra piuttosto magari mi offre un lavoro altro che l’abbonamento, il Presidente, per lo stipendio non ci sono problemi ci mettiamo d’accordo, saresti disposta a trasferirti a Torino? ma sì, si potrebbe certo dovremmo organizzarci, per fare cosa di preciso, ne avrei parlato direttamente con Agnelli.

Quindi siamo rimasti così, con Andrea, per qualche mese me lo sono immaginato scovato dalle telecamere intento a leggere “Mio padre era bellissimo” in tribuna d’onore o al campo da golf, ma più in tribuna d’onore sfogliare le pagine, battere la mano sulla spalla del cugino con il Moncler azzurro annunciandogli bravo questo Savio sai che ti dico John, io lo assumo.
A fare che?
Di questo, ne parlerò direttamente con Savio.

Adesso sono passati due anni, Chiara ha due anni in più, Agnelli non si è più fatto vivo ma pazienza, lo capisco, io non ho fretta, per lo stipendio basterà una stretta di mano, ho un figlio Pietro e non lavoro più in magazzino ma al primo piano in saggistica dove nessuno riesce a togliermi la gioia fuoco perdifiato di lavorare  circondato da pareti di libri, e sabato mentre sistemavo Il paese reale di Guido Crainz mi è capitato di pensare che il derby è una partita sempre molto sentita, basta solo ricordare contro chi la devi giocare. 
In ogni caso col Torino è finita 3 a 0, hanno segnato due goal Marchisio e uno Giovinco, ma la cosa più bella è stata un controllo al volo di tacco del centrocampista magro con l’otto che l’ha fatto apparire ai più infantili come un piccolo principe, le petit prince Marchisio.

domenica 25 novembre 2012

Finalmente domenica! (14)


Non tutte le insonnie portano a culmini di disperazione. Ad esempio ero lì per terra con Pietro saranno state le tre o le quattro di notte perché aveva il raffreddore o il mal di pancia o non aveva digerito bene insomma P. dimmi cos’hai, cerca di essere preciso, ma vedo che giocando un po’ a pallina o dita di grande che corrono sul parquet per poi toccarti all’improvviso braccia o petto facendoti stupore-spavento la tua situazione clinica migliora enormemente. Ero lì per terra di notte comunque, e pensavo a Emil Cioran ventiduenne insonne in Transilvania che passeggiava nelle strade deserte o talvolta abitate da prostitute solitarie che gli facevano compagnia nei momenti di supremo smarrimento, e poi a me quando ritorno in automobile dal calcetto il lunedì sera ci sono anche qui le prostitute in grande numero lungo viale Monte Rosa, come escort dei poveri che calciatori veri non sono diventati, ma io non cerco consolazione, anche se comprendo. La veglia ininterrotta non è garanzia di opere d’arte, ditelo a certi aspiranti scrittori che resistono a fatica con gli occhi spalancati durante le tenebre, o che vanno a puttane nella speranza che giunga loro dopo una fellatio l’idea fondamentale per un nuovo romanzo, o a certe giovani scrittrici che riempiono di loro fotografie in camera da letto la bacheca personale di Facebook, giocandosi tutte le carte possibili per avere nuovi Amici, seguito e diventare famose. Altro consiglio, direttamente dalla famiglia Borges, il padre al figlio Jorge Luis raccomandava di leggere molto, scrivere molto, e pubblicare il più tardi possibile. Indicazione disattesa per primo dal figlio realista e magico, poi dalla stragrande maggioranza specie nell’italiana contemporaneità, anzi a proposito il mio secondo romanzetto sarebbe pronto, se qualcuno volesse farsi vivo sono pronto a parlarne visto che ho chiuso ogni rapporto col mio precedente editore, faccio come il magnifico Aldo Busi grido ai quattro venti la mia libertà contrattuale  così vediamo se mi chiama subito qualcuno.

Ma non dovevamo parlare di calcio in questa rubrica? No, meglio Emil Cioran ve lo assicuro, l’atroce pessimismo dei suoi titoli porta invero comica meraviglia: L’inconveniente di essere nati, Squartamento, Sillogismi dell’amarezza. A volte confesso, mentre lavoro in libreria vado di nascosto all’inizio dello scaffale di filosofia e li ripeto a mezza voce i titoli di Cioran: La tentazione di esistere...arriva una signora che mi chiede l’ultimo di Vespa e io le dico ma signora: e provare invece con Squartamento? Ottimo anche come idea-reaglo per natale, Squartamento. Squilla il telefonino (è già il primo editore che si fa vivo per il mio nuovo romanzetto, non ne sono affatto sorpreso) alle quattro e mezza di notte dico a Pietro sai cosa mi fa ridere? che il mio primo romanzo non convinceva diversi editori, mentre adesso qualcuno mi ha già detto sai, avremmo bisogno di una cosa tipo il tuo primo romanzo, ma come? e allora di cosa stiamo parlando? non di calcio, anche se due paroline su come alcuni insospettabili vivono con violenta antisportività le partite mi stavano scappando, il problema è che una generazione o due di giornalettai ha distrutto disinformando di proposito il tessuto sportivo di un popolo, ed è sempre più difficile trovare qualcuno che parli di football per davvero, senza atrofizzarsi su rigori negati o fuorigioco non fischiati. Caro Pietro, Pe culmile disperarii, viviamo perché le montagne non sanno ridere né i vermi cantare, pensaci tu a dirlo a quelli là del Bar dello Sport che non leggeranno mai Cioran.

domenica 18 novembre 2012

Finalmente domenica! (13)



Se non fossi stato così bello, non si sarebbe mai parlato di Philip Roth. Pensavo a questa ottima scusa da snocciolare a me stesso e pure ad altri in un mondo ironico e parallelo di mia invenzione eppure reale, fatto di stupidi così andavo sul sicuro. Tanto la Terra è piena di gente che si prende sul serio, di scrittori che si prendono molto sul serio, di palloni gonfiati, tipo questo fine settimana che a Milano c’era il lodevole Bookcity festival con incontri eventi reading ecc., ma io sarei andato solo per ascoltare Gurrado parlare di Joyce o Busi di se stesso, agendo su me stesso per fare in modo che l’orsa pigriza e la tendenziale insofferenza alle sagre non finisse col prevalere come spesso. E invece c’erano pure due belle partite sabato: Juventus-Lazio e Napoli-Milan e allora ho detto, sto a casa. Tuttalpiù, dopo la mattinata lavorativa culminata con l’acquisto-premio di Everyman, mi metto a sfogliare il libro nero di Philip Roth mentre la Juventus attacca e attacca, e la Lazio si difende e si difende. 0-0, nonostante 18 tiri in porta contro 0 e 11 calci d’angolo contro 1, roba da matti, ma che macchina da calcio quasi perfetta ha inventato Antonio Conte? e non ne parla quasi mai nessuno per ignoranza o malafede, più comodo riempire i giornali con polemiche stucchevoli o accuse inventate. Non mi viene neanche il nervoso perché quando Marchetti a metà del secondo tempo smanaccia in controtempo il tiro deviato del migliore in campo Vidal, ho già capito come andrà a finire: 0-0. Pazienza, mi resta il gioco di una squadra che si muove con armonia, intelligenza e coraggio e ne discuto amabilmente con Arrigo Sacchi, raro appassionato di calcio in un paese di guelfi e ghibellini, non con il telecronista Mediaset che nel presentare la partita aveva affermato: “A Pescara si è rivista la Juve feroce, la Juve dalla mascella volitiva”. In diretta dal Ventennio.
Che poi non è che non sopporti del tutto le fiere del libro, ma i reading invece sì. I reading mi ammazzano, specie quelli con l’accompagnamento musicale, quelli mi uccidono. E’ più forte di me, la spettacolarizzazione dell’intimo in chiave pop-rock mi urta, e infatti come dicevo sarei andato a vedere solo Gurrado perché mi aveva assicurato parlando di Joyce non avrebbe suonato la chitarra elettrica, e Busi perché ogni suo one man show è meraviglia in un mondo pseudoculturale che puzza di cadavere ammobiliato.
All’inizio di Everyman, tutti intorno alla fossa a tirare pugni di terra sulla bara e a dire qualcosa del defunto. Il rumore della terra sul coperchio di cipresso, davvero qualcosa di definitivo. Certi piccoli scrittori che non parlano mai “male” di quelli commercialmente più grandi perché magari un giorno potrebbero tornare utili, che noia. Nell’intervallo della partita, ascolto Radio3 e becco Beppe Severgnini che dal Bookcity festival dà consigli ai giovani e la cosa mi fa venire voglia di vomitare, sebbene non stia guidando. Beppe Severgnini, consiglia i giovani. Spengo, mi diverto molto di più a guardare due partite di pallone, anche se tiri 18 volte verso la porta e non c’è niente da fare, Juventus-Lazio finisce 0-0 e come dice Everyman è impossibile rifare la realtà, bisogna prendere le cose come vengono, tener duro e prendere le cose come vengono. Non c’è altro sistema.

domenica 11 novembre 2012

Finalmente domenica! (12)


Ero in automobile mentre la radio diceva che Katherine Mansfield amava indossare calze colorate, e poi che si era ammalata di tubercolosi, e poi che verso la fine non avendo niente da perdere era andata a Fontainebleau presso "L'istituto per lo sviluppo armonioso dell'uomo" fondato da George Gurdeijeff secondo alcuni una guida spirituale secondo altri un ciarlatano per quanto mi riguarda non so, ma quando ho cominciato a leggere un suo libro in passato mi sono addormentato. Restando alle calze colorate, ho sempre avuto un debole per le donne con le calze colorate. Rosse, blu, verdi o gialle. Rosse in particolare, miliardi d'anni fa una ragazza con le calze rosse, me la ricordo abbastanza bene. Tuttavia proseguendo con Mansfield, qualcosa sembrava andare meglio e quando un giorno suo marito Murry era andato a trovarla da Gurdeijeff lei gli aveva detto saltando sulle scale: "Guarda, sono guarita!" ma arrivata in cima all'ultimo gradino era morta. Così hanno detto in radio, e io ero quasi a Bergamo e ho pensato ma che sfiga, Katherine. E anche tuo marito non la meritava una scena del genere, ci sarà rimasto male.

Poi a Brescia vicino a Ponte Crotte quello che passa sopra il fiume Mella, alla fermata dell'autobus ho visto una tipa con le calze degli Stati Uniti cioè che aveva una gamba a strisce bianche e rosse e l'altra blu con le stelle bianche e mi sono detto d'accordo le calze colorate, ma qui stiamo esagerando. Però mi sono sempre piaciute le donne con le calze colorate, rosse in particolare, mi pare di averlo già detto. Comunque se fossi stato in un fumetto di Paco Roca avrei abbassato il finestrino e avrei detto alla fermata Hey ragazzina americana d'accordo le calze colorate, ma non esageriamo. La vita che potrebbe essere in fondo è quella che l'immaginazione non ha il coraggio di mettere in pratica. Paco Roca invece ha messo in pratica la sua di vita, gli è andata bene e se lo merita perché e' bravo, non che io sia un'autorità in merito di graphic novel ma insomma o forse proprio perché non sono un grande esperto, "Memorie di un uomo in pigiama" l'ho trovato meraviglioso, ho riso tante volte da solo, una volta anche mentre ero al bagno, e anche al lavoro in libreria ad un certo punto ho chiamato Marta e Pamela saranno state le 9.10 e ho detto loro guardate qua all'inizio quando il bambino scopre che alla fine della scuola dell'obbligo non c'è la possibilità di stare per sempre e finalmente a casa in pigiama come lui credeva ma ci sono le superiori e poi l'università ecco, glielo dice la madre e il bambino quel giorno perde tutta la sua innocenza infantile, roteando su sfondo bicolore a spirale come James Stewart in Vertigo di Hitchcock, mi pare, ma col pigiama di "Moscu 80".

Katherine Mansfield, non lo so ma io credo mi sarebbe piaciuta, ho pensato in automobile e non solo per via delle calze colorate. Una volta Virginia Woolf che ne invidiava la bravura e si vergognava di provare tale sentimento, pur adorandola, le confessò in una lettera il desiderio di essere lei, ottenendo come risposta da Katherine che lei invece vista la situazione tubercolosica avrebbe desiderato essere un coccodrillo, unico animale a non tossire.
Così hanno detto alla radio, poi ho spento sono sceso dall'automobile in Franciacorta e tutto quello che avevo immaginato presumo sia tornato in autostrada, lasciandomi in balia della mia vita vera e di una domenica con i capelli corti, la prima da almeno sei mesi.

domenica 4 novembre 2012

Finalmente domenica! (11)


Ordunque, martedì scorso mio padre avrebbe compiuto settant’anni. L’avevo pensato più volte nei giorni precedenti poi martedì mi sono svegliato e mentre facevo la strada a piedi per andare al lavoro mi è arrivato un messaggio di mia mamma che diceva oggi Guerrino avrebbe compiuto settant’anni, e chissà come sarebbe stato. Già, ma non c’era tristezza in quel chissà come sarebbe stato piuttosto altro una specie di non religiosa rassegnazione e allora sono passato davanti al mercato comunale il fiorista aveva sostituito il poster di Quagliarella con quello di Del Piero, giuro, la fruttivendola gigante e riccia di stampo medievale faceva vibrare il marciapiede con il suo peso mentre il figlio metteva a posto la frutta con la sigaretta in bocca e il fumo gli andava negli occhi rossi. Io, vado da un altro fruttivendolo. 
Comunque nessuna paura, non ho nessuna intenzione di scrivere un altro romanzo su mio padre che poi gli esperti dicono Savio basta, Dio santo Savio basta romanzi su tuo padre. E io ma certo ci mancherebbe, per sorprendere bisogna diversificare e allora io scrivo di mia madre che era diversa da quella dello scrittore ungherese Péter Esterhazy che lo accompagnava agli allenamenti da bambino sperando che diventasse un calciatore e che gli diceva si può giocare male, ma non da stupidi. Puoi giocare male, ma con il cervello! 
Mia madre mi accompagnava pure lei al campo di calcio ma non sperava niente e non diceva niente, sopravviveva e io invece notavo che la maggioranza dei bambini era sostenuta a gran voce dai padri in tribuna mentre mia madre era donna e la cosa mi metteva in minoranza psicologica che adesso non vorrei stare qui a polemizzare ma poi anni dopo mia madre mi ha detto che qualche volta ero finito in panchina perché gli altri avevano i padri che rompevano le balle agli allenatori per far giocare il loro figliuolo mentre lei figurati, non poteva mica andare lì in mezzo a tutti quegli uomini a. 
Ad ogni modo, martedì scorso mio padre avrebbe compiuto settant’anni e come talvolta nel passato il giorno del suo eventuale compleanno mi sono successe cose strane. Anni fa la pubblicazione di un romanzo da lui ispirato, giunto nelle librerie dopo mesi di rinvii esattamente il 30 di ottobre. Pochi giorni fa la partecipazione come spettatore alla presentazione di un volume dedicato al Guerin Sportivo in una libreria di corso Buenos Aires, Argentina, lo scambio di chiacchiere con tre noti giornalisti della carta stampata, il colossale fraintendimento di essere invitato a cena con loro, l’arrivo al ristorante prescelto nella grande sala con tavolo ovale riservato dove io e A. ci rendiamo conto che non ci sono sedie abbastanza, cioè ci sono sei sedie e noi siamo in otto, e allora beh ciao a tutti buona cena a voi, noi andiamo a mangiarci una pizza girato l’angolo alla Columbrina. Dentro questa esclusione più o meno comica e casuale, la distanza tra “noi” e “loro”, senza peraltro alcun desiderio di essere loro, con lo stupore di pensare ma come, aggiungete due sedie e ceniamo tutti insieme, insomma io a parti invertite avrei fatto così. E invece no. 
In ogni caso uno dei tuoi tanti scherzi papà, come la telefonata del giorno seguente che mi svela il luogo dove si svolgerà il terzo appuntamento di gruppo per l’assegnazione di un appartamento in cohousing, selezione alla quale sto partecipando da qualche mese con Marta e Pietro, e il luogo prescelto questa volta per la prima volta è la grande sala del ristorante dove la sera prima sono stato escluso. Vorrà pur dire qualcosa, come la sensazione che avevo nell’avvicinarsi di Juventus-Inter che avrei firmato per un pareggio, anche se immediatamente sentivo Conte urlarmi in faccia che non si firma mai per un pareggio! Che si può giocare male, ma non da stupidi! Ma questa volta Antonio io avevo addosso presentimenti strani, perché vuoi vedere che proprio con i rivali più sgraditi, vuoi vedere che saranno proprio loro a interrompere la straordinaria serie di 49 risultati utili consecutivi in campionato e pure l’inviolabilità dello stadio nuovo, in un colpo solo. E così è andata, e visto papà che tu eri interista seppur ringraziando il cielo molto meno che bresciano, questo è l’ultimo scherzo che mi hai fatto nella settimana del tuo compleanno.

domenica 28 ottobre 2012

Finalmente domenica! (10)



Ah, Dominique Sanda. Ti guardavo venerdì sera così bella da stordire nel 1969 e pensavo che adesso hai una sessantina d’anni e di certo non sarai più quella di un tempo ma pure io non sono più quel bel ragazzo di qualche anno fa e allora cosa vuoi farci. Tuttavia, dentro la pellicola di Bernardo Bertolucci e la fotografia di Vincenzo Storaro eri una meraviglia, speciale e francese da farmi sentire ignobilmente italiano nell’osservarti da immigrato sotto la Torre Eiffel incapace di spiccicare non dico una parola ma un discorso sensato e alto tale da non sfigurare al cospetto di tuo marito filosofo, il Quadri. Jean-Louis Trintignant invece faceva la spia fascista Marcello, vestito come vorrei vestirmi se quel tipo di abbigliamento non fosse incompatibile col mio portafoglio e col mio lavoro di tutti i giorni, e poi in libreria come in tanti altri posti quando entri non c’è più neppure un posto dove attaccare il cappello. Comunque siete a Parigi Dominique e Marcello beati voi, se avessi avuto i soldi sarei venuto anch'io in qualche inquadratura magari estraendo con astuzia dalla tasca del cappotto una copia del romanzo Mon père était très beau, proprio quando tu maestra di danza ti scopri improvvisamente e resti a seno nudo facendomi dubitare dell’importanza della letteratura (mia e altrui), e di molte altre cose ad esempio quale sia la più bella donna nei film di Bertolucci o nei romanzi di Moravia. O ancora se valga la pena perdere tempo a rapportarmi con editori sordi come campane ad ogni tipo di rischio non omologato che aveva ragione quella mia amica scrittrice che quando le ho detto di aver scritto un nuovo romanzetto tendenzialmente filosofico lei mi ha detto ma cosa sei diventato matto?! anche fosse vero non dirlo mai, mi ha sgridato rifilandomi pure un grazioso scappellotto, non pronunciare mai “romanzo filosofico” di fronte a qualche editor, per nessuna ragione al mondo, e allora io adesso dico sempre che avrei pronto un romanzetto tendenzialmente filosofico ma con dentro tante di quelle donne nude da far spavento. Come te Dominique, a seni scoperti richiedente un abbraccio al Trintignant-Marcello prima di finire ammazzata tra le montagne della Savoia con la faccia insanguinata nella neve che peccato, ma tanto è solo un film e di questa settimana mi resta soprattutto il mazzo di fiori che Trintignant a Roma porta a Stefania Sandrelli chilometri meno bella di te, due libri comprati con un anno almeno di ritardo che s’intitolano mirabilmente Hitler e l’enigma del consenso e La fabbrica dell'obbedienza, e un altro titolo in prima pagina di un noto giornale sportivo che invece diceva senza alcun linguistico timore: “Juve: tirali fuori!”.

lunedì 22 ottobre 2012

Finalmente domenica! (9)


Non è facile essere uno scrittore affermato. La domenica in particolare cerco un po’ di pace, ma già dal bravo pasticcere di fiducia non trotzkista ma interista tanto che la sua pasticceria è tappezzata di poster raffiguranti giocatori dell’Internazionale e anche da un curioso foglio A3 con disegnato uno scudetto con in centro un 18 e l’aggiunta manuale in pennarello a fianco di “+1” che ogni volta mi casca lo sguardo e penso ma come “+1”? in che senso al massimo “-1” avrebbe una logica a meno che il pasticcere non intenda qualche tricolore che la sua squadra preferita avrebbe certamente vinto nonostante stesse già perdendo con gli avversari per 1-0 e fossero pure già dietro in classifica generale ma se gli avessero dato quel rigore per il contatto tra il centravanti e lo stopper certo sarebbe cambiato tutto. Comunque, smetto subito di pensare a quel “+1” e il pasticcere mi chiede Savio allora, la sua Juve? E io che vuole che le dica, parlerei anche d’altro ma come scrittore affermato mi rendo conto ed etichettabile grossolanamente come juventino ecco io devo rispondere e allora mi pronuncio e dico: “Insomma, da quarantasette partite non ci possiamo lamentare e la portata storica di certi numeri rende meglio di tante chiacchiere, eppure le assicuro il perché e il come cose morte vengono trasformate in vive pulsanti è quello a destare il mio stupore, più delle tante partite senza perdere, e questo m’interesserebbe assai lo stesso, anche se non ci fosse la Juventus di mezzo. Com'è possibile che in un solo anno di lavoro, anzi meno, una squadra sia stata rivoltata come un calzino da posizione arrotolata a posizione verticale scattante fino a sotto il ginocchio? l’unica ragione la trovo in John Kennedy Toole quando scriveva che talvolta nel mondo appare un vero genio, e lo si riconosce dal fatto che tutti gli idioti fanno banda contro di lui, e sostituendo la parola genio con il cognome Conte, allora mi tranquillizzo un attimo filosoficamente parlando e pago soddisfatto il conto al pasticcere.
Fuori, il sole brilla e vado fuori di matto decidendo di comprare un quotidiano dopo un paio di mesi e scelgo la R. perché il C. ha un formato troppo grande per passeggiare in libertà e soprattutto mi annoia, non che la R. mi galvanizzi, ma sono sempre così gentili con me scrittore affermato che mi chiedono di consigliare ogni settimana un libro eppure mi pare giusto questa volta per la prima volta sottolineare l'indicazione di Alessandro Baricco che e' preziosa perché riguarda "Napoleone a Mosca" di Anka Muhlstein, e Alessandro scrive un buon pezzo soprattutto il fatto che i russi avessero scelto la tattica di scomparire e indietreggiare perché combattere contro Napoleone era una cosa simile che giocare contro il Barcellona di Guardiola, e aggiungo io se questo libro o la tattica dei russi contro i francesi l'avesse sfogliato o studiata anche il buon Prandelli magari non avremmo preso quattro pere nella Finale degli Europei che siamo scesi in campo con il petto un po' troppo in fuori visto che giocavamo contro i campioni in carica d'Europa e del Mondo.
Bravo Baricco quindi e grazie ma senza esagerare, non vorrei mai che mi telefonasse Alessandro per ringraziarmi a sua volta dei complimenti come si fa tra scrittori affermati e magari per propormi d' insegnare alla scuola del Vaticano letterario Caulfield che sarei costretto a dirgli no guarda Ale perché non sono nemmeno laureato e quindi figurati, ma soprattutto perché come scrittore affermato ho già i miei casini le mie enormi entrate tanti soldi in banca e non voglio assolutamente rubare il posto a chi ne ha davvero bisogno. Quindi no ma grazie davvero, Ale.
Lungo corso Sempione, arrivo all'Arco della Pace e qui incontro amici giornalisti e scrittori, parliamo del più o del meno, delle partite che come intellettuali o semplici dipendenti siamo stati pagati per visionare e commentare su qualche giornale, ricordiamo Beppe Viola che la settimana scorsa ho visto su Rai Sport due puntate della Domenica sportiva del 1980 e mi sono detto ma che bello, e com'è possibile che adesso abbiamo Paola Ferrari, Zazzaroni, Collovati e compagnia male cantante. Certo qualche comparsata l'ho fatta anch'io alla domenica in passato in qualità di scrittore tra i più affermati con la passione per il calcio, ma poi ho sentito il bisogno di una maggiore introspezione per migliorarmi come uomo e come artista, quindi ho fatto un figlio, sono tornato a lavorare in libreria che nonostante quel quasi tutto formato da moltissime, alienanti cose e' ancora una professione con un briciolo di senso a tratti emozionante, e ho lasciato che soldi e successo per equità accarezzassero altri da me, meno fortunati, e mi sono messo ad andare sempre più spesso dal pasticcere non trotzkista ma interista la domenica mattina, poi a camminare, poi a ricordare di quando ero uno scrittore affermato che alla fine non era mica facile.

domenica 14 ottobre 2012

Finalmente domenica! (8)

La verità è che volevo scrivere una cosa su Diego Armando Maradona ma poi son dovuto andare con Marta nel parcheggio dell’Ikea di Roncadelle per aiutare mia sorella Cristina e Sandro a caricare un letto in un’automobile mentre Pietro l’abbiamo lasciato a casa dalla nonna perché uno di nove mesi cosa vuoi che aiuti. E nel parcheggio prima del letto abbiamo incontrato qualcuno e io gli ho detto sai, penso di scrivere una cosa su Maradona questa settimana per Finalmente domenica! perché ieri ho ripassato per l’ennesima volta la sua vita dentro un fumetto interessante diciamo pure una novella grafica, e lui mi ha detto fai pure quello che vuoi, tanto in televisione io a te non ti ho visto mai quindi non credo abbia importanza.
Comunque, avrei voluto scrivere di Maradona e del mio frigorifero di quando avevo undici anni che c’era Inghilltera-Argentina ai mondiali del Messico ‘86 e io aspettavo il momento opportuno per abbandonare il divano in salotto e andare a prendere l’acqua e menta nel frigorifero in cucina ma pensavo se vado di là e poi segnano? Cosa che del resto mi avrebbe accompagnato per sempre questa idea di allontanarmi dallo schermo al momento sbagliato e abbastanza comune presumo come anche l’indecente rassicurazione di quelli che ti dicono ma tanto c’è il replay...roba da guardarli stupefatti questi rassicuratori come a dire cioè tu credi veramente che la ripetizione filmica di una rete sia uguale al suo reale avverarsi nel tempo, ma come ti permetti?
Allora restare sul divano con la sete, Maradona che fa gol di mano gol di villano e io a undici anni che penso ecco non è giusto e probabilmente neanche valido, Platini non avrebbe mai fatto gol di mano ma da grande avrei pensato invece al destino stupendo e malvino di quel grandioso gol di mano e agli inglesi superbi e in mutande che corrono strepitanti verso l’arbitro come fosse quello il Dio in grado di decidere, Dio al quale se avessero ascoltato con attenzione Fabrizio De André non avrebbero dovuto credere, mai. Poi il secondo gol, sempre con la gola arsa sul divano e Maradona che scarta tutti, avremmo detto così all’oratorio il giorno dopo, hai visto li ha scartati tutti, e il fastidio provato ascoltando il telecronista che commentava ma ecco forse, ecco sarebbe una beffa ma forse l’ultimo tocco è del difensore britannico che ha anticipato Maradona in scivolata e io ma che cazzo stai dicendo telecronista o non proprio così a undici anni magari ma insomma cosa diavolo stai dicendo telecronista il difensore britannico, l’ultima finta è proprio per cadergli addosso al difensore britannico e calciare in discesa col sinistro perché un gol così Diego non avrebbe potuto farlo mica col destro, dai.
Quindi il letto l’abbiamo portato a casa, e mentre pensavo a quella volta che avevo comprato in edicola un poster di Maradona a grandezza naturale e appeso in camera vicino alle fotografie della vergine Madonna moglie di Sean Penn, che uno può fare anche dell’ironia sulla grandezza naturale di Diego Armando ma vi assicuro era davvero grande come poster per camera mia, ecco con Sandro l’abbiamo montato il letto intraprendendo una guerra domenicale agli svedesi che ci è costata cara in termini di nervi e stanchezza, e a me che volevo scrivere una cosa su Diego Armando Maradona è venuto in mente che alcune cose di cui non si scrive mai spesso sono le migliori da scrivere anche se non entrano in romanzi e racconti, e che se non se ne scrive nemmeno in queste occasioni allora vale la pena farsi consegnare i mobili dell’Ikea direttamente a casa già montati.

domenica 7 ottobre 2012

Finalmente domenica! (7)


La mia vita è una vita come tutte le altre. Si rassomigliano tutte. Le vite d’oggi, naturalmente. Ne parlavo a quel curato convinto che tenere un diario l’avrebbe aiutato a fissare il suo pensiero il quale fuggiva sempre nei rari momenti in cui poteva riflettere un poco. Ma quando si metteva a scrivere, invece che proseguire la sua conversazione con Dio si trovava a fissare sulla carta proprio quei mille fastidi quotidiani che avrebbe preferito ogni volta dimenticare.
Così alla fine di ogni settimana, mi volto all’indietro cercando di stare nei 7 giorni per fermare almeno qualcosa del tutto che va e questa settimana ricordo che sono arrivato al lavoro mercoledì e ho trovato sul tavolo i due quotidiani del giorno prima abbandonati dai clienti giornalieri sulle poltrone nere della lettura o dell’addormentamento saggistico, e ho quindi potuto apprendere casualmente (per differenti motivi non compro più giornali, non guardo più la televisione e non ascolto nemmeno la radio) che Aldo Busi aveva pronto un nuovo romanzo che né Mondadori né Giunti se la sentivano (per differenti motivi) di pubblicare. El especialista de Barcelona, il titolo, niente a che vedere con Messi o Guardiola e il Barcellona presumo, roba comunque del valore di 200 mila euro secondo l’articolo ma soprattutto testo composto da circa 38 mila vocaboli lessemi stranieri esclusi, in base al calcolo dell’insegnate e giornalista di Calcinato Flavio Marcolini. Inizialmente ho pensato allora di chiamare l’editore con il quale collaboro e dirgli hey, ma se lo facessimo noi, il nuovo romanzo di Busi? 200 mila euro sono una bella somma d’accordo, ma Busi che pubblica Feltrinelli garantirebbe probabilmente il ritorno necessario, oltre al privilegio di aggiungere al catalogo di via Andegari la nuova opera di uno dei più grandi scrittori italiani del novecento. Per convincere l’editore avrei poi aggiunto in fondo dai, 200 mila euro sono 100 mila euro in meno del prezzo con cui Andrea Barzagli è passato dal Wolsfburg alla Juventus un paio d’anni fa, e il rendimento del bravo difensore nel biennio è sotto gli occhi di tutti. Ma poi mi sono detto, anzi ricordato, guarda che tu Savio non conti un bel niente, ma cosa consigli, anche per scherzare, e sono rimasto di conseguenza al mio posto a chiacchierare col curato di campagna. In libreria, è arrivata una ragazza che sfogliava l’Ipad alla ricerca di buoni libri e quando mi ha interrogato io allora gli ho dato Gelo di Thomas Bernhard e Sopra eroi e tombe di Ernesto Sabato. E’ andata via contenta, affatto preoccupata dall’edizione Einaudi dei due capolavori in questione, l’affascinante ma economicamente soffocante “Lettura”, cioè in media dai 22 euro in su. Poi è arrivata un’altra signora indecisa tra i miei consigli e l’ultimo Campiello così andava al sicuro, le ho dato buone indicazioni in relazione alle sue passioni, ma la sicurezza del Campiello alla fine l’ha confortata maggiormente e allora ha preso l’ultimo Campiello e mi ha detto grazie ma prendo l’ultimo Campiello così vado sul sicuro con l’ultimo Campiello lei si ricorda il titolo? e io ho pensato fai un po’ quello che vuoi peggio per te questo è l’ultimo Campiello, certi ragionamenti e maggioritarie sicurezze io non li capirò, mai, stai a vedere che la giuria del Campiello ne sa più di me.
Nel tardo pomeriggio infine a casa, mentre Pietro rideva dei suoi nove mesi e io valutavo l’impatto sulla mia inverosimile esistenza di una pressoché costante stanchezza enciclopedica, mi sono scoperto a meditare il ritiro da più aspetti di codesta vita, arrivando alla facile conclusione che essa in ogni caso sarebbe proseguita senza badarci poi tanto. E allora ho riaperto il Diario di un curato di campagna che nella vecchia edizione San Paolo privata della brutta sovracopertina sfoggia per fortuna uno splendido bianco quasi papale ma direi più da White Album dei Beatles seppur con titolo in oro e numero 3 sul profilo e ho cominciato a leggere il secondo capitolo, ma che noia, fino a quando Pietro non mi ha chiesto perché a Brescia ancora nessuno abbia pensato di erigere in una delle piazze principali una statua ecco magari non equestre raffigurante Aldo Busi da Montichiari, autore della recente e trentottesimaesima opera El especialista de Barcelona. Difficile risponderti, caro Pietro, lo comprenderai crescendo. Del resto molti bresciani non capisci neanche che lavoro fanno.

venerdì 5 ottobre 2012

Non c'è arte


Va così, ci sono momenti che uno non riesce a leggere niente. Lo dicevo ad Antonio la scorsa settimana, oppure no non era Antonio e non era nemmeno la scorsa settimana, ma ci sono momenti che uno non riesce a leggere niente e di norma in quei momenti allora io, deambulo per casa e mi avvicino alle librerie, faccio passare con il dito il profilo dei libri che non li ho letti tutti quelli nelle librerie, alcuni solo comprati e messi lì, in attesa. Deambulo e dico a mia moglie va così: è uno di quei momenti in cui non riesco a leggere niente, e lo dico con una faccia come se fosse morto qualcuno, che poi è la stessa faccia di quando dico a mia moglie sai, è un momento che non mi viene da scrivere niente. E lei di solito mi dice ma tanto poi lo trovi qualcosa da leggere/scrivere e io dico è vero certo, però penso intanto è uno di quei momenti in cui non riesco a scrivere niente, e in seconda battuta nemmeno a leggere niente. E’ terribile. Allora scorro i profili dei libri: ecco questo non l’ho ancora letto, potrebbe essere il suo momento. Oppure questo perché l’avevo abbandonato a pagina 53? E’ il caso di riprenderlo? Ma questa volta non funziona.
La stessa cosa in libreria, mentre lavoro mi passano tra le mani talmente tanti libri che non avete idea, gli occhi si posano su copertine che poi il cliente interrompe. Cinque giorni dopo allora ribecco con lo sguardo la signora in bianco e nero con un pallone sul cappello e giro il libro e dietro c’è scritto: “Il fuorigioco non è una cosa da bambini.” Proprio così, e la frase mi stende, vorrei averla scritta io ma pure leggerla è un privilegio e allora quando finisco il turno me lo compro Péter Esterhazy, lo leggo subito dopo pranzo e mi trovo dentro un romanzo geniale, per 16 euro. Che visto che sono tempi magri se proprio non li avete come me questi soldi andate in libreria e leggete almeno da pag.14 a pag.17 "Mia madre come vittima della letteratura", capitoletto nel quale l’autore ungherese ricorda come nel suo ultimo libro, vale a dire nel suo penultimo libro perché nel frattempo ha già pubblicato anche "Rubens", che a questo punto mi chiedo se Esterhazy non si riferisca allora al suo terzultimo libro ma lasciamo stare, ecco in uno dei libri  più recenti di Péter c’è una scena in cui il narratore spiega la regola del fuorigioco a sua madre, che giace sul suo letto di morte. Ecco leggete queste tre paginette con sua madre morente che non fa bene guardarla perché ha cambiato le proporzioni e tutto è stravolto, e pensare che un tempo Lilike assomigliava alla regina Elisabetta almeno secondo l’autore e nonostante fosse ungherese adesso che era stata eletta a sorpresa con una piccola ma entusiasta maggioranza gli inglesi dovevano mettersi in ginocchio, bastardi. Ecco leggete almeno queste poche pagine, tentativo estremo di spiegare al cervello di una donna la regola del fuorigioco, l’ultima occasione per farle comprendere: "Al momento del tiro..." e non farla giungere davanti al giudice celeste impreparata.

Péter Esterhazy – Non c’è arte. (Narratori Feltrinelli, 18 euro)

domenica 30 settembre 2012

Finalmente domenica! (6)




















Non v’è dubbio che mia nonna paterna assomigliasse un po’ a Giuseppe Meazza osservata dalla strada alla finestra dove si sporgeva, in apparenza sempre presente, ogni volta che passavo anche non per lei da via Orefici, dove abitava. Guardavo in su e c’era Meazza, mia nonna pronta a salutarmi come anticipo al ringraziamento di essere andato a trovarla o come contenuto biasimo per l’aver programmato altro di così vicino alla sua finestra senza pensare di salire nemmeno per cinque minuti al suo quarto piano, o di più. C’era il fatto che avevo preso in prestito da suo nipote Rodolfo che però era figlio suo perché la mamma vera Margherita era morta a 37 anni, un piccolo libro che aveva come titolo “Ti insegno a giocare” Editrice Nuova Massimo (Monza) scritto da questo Giuseppe Meazza e siccome avevo intuito che Rodolfo aveva già letto e riletto il volumetto senza trarre particolare giovamento dai preziosi e perentori consigli del Pepin (del tipo: “Prima atleti poi calciatori!”, “Lo stop d'interno”, “Mai con la punta!”), corredato peraltro da molte fotografie il volumetto come a dire non avete voglia di leggere giovani di oggi che non avete fatto nemmeno la guerra? Almeno guardate le figure. Ecco che avevo pensato di trasformare il prestito secco del libro in prolungata comproprietà per non dire regalo visto che Rodolfo poi aveva superato l’età per diventare calciatore professionista mentre io a nove/dieci anni ero forse il più bravo dell’oratorio o al massimo il secondo dietro Fabio Ferrari e qualcosa da sognare ancora c'era.

Comunque, per motivi che immagino generazionali mia nonna adottava una pettinatura simile al Meazza che io adesso vedevo sulla carta ingiallita un po’ appesantito nel 1958 consigliare giovani aspiranti pedatori dell’Inter che poi chissà quanti di loro erano diventati calciatori veri e allora la salutavo in ogni caso sempre mia nonna anche quando non andavo a trovarla, minuscolo dalla strada, e anche dopo che era morta ogni volta che passavo da via Orefici guardavo su stupito che non ci fosse alla finestra e certe volte la salutavo lo stesso anche se non c’era nessuno o addirittura un altro ma si vede che ero rimasto un po’ ubriaco dal giorno del funerale che mi ero dispiaciuto per mia nonna Elena e poi per cambiare ero andato a vedere il Brescia al Rigamonti di sera per una per lo più inutile partita di Coppa Italia che aveva pure vinto con due gol di Neri e infine avevo appunto bevuto un po’ troppo Baileys sul balcone e anche fumato tante sigarette per farmi passare la tristezza che tutti prima o poi in generale morissero indipendentemente dalle vite in questione.

Così, per la millesima volta come minimo dall’infanzia questa settimana mi è capitato tra le mani questo libro scritto da Meazza a cura di Angelo Ponti e ho pensato a quanto sia fortunato a possederlo, al perché pur essendo sempre io non posso più essere purtroppo il bambino di allora, in definitiva al perché non sono diventato un calciatore nemmeno seguendo i consigli del Pepin che alla fine sono molto più contento così a pensarci bene ma la delusione come tutti sanno risiede nella scontentezza di non poter essere più cose contemporaneamente. Giuseppe Meazza, ben pettinato con la riga da un lato, due volte campione del mondo, 355 reti realizzate. E oggi mi tocca sentire che uno è un fenomeno perché ha fatto qualche golletto in Serie A, ciao nonna.

lunedì 24 settembre 2012

Finalmente domenica! (5)


Insomma prelevo e mi accorgo di avere xxx euro sul conto corrente che uno dice ma cosa fai non bisogna mai dire quello che hai sul conto corrente potresti fare la figura del troppo povero o anche del troppo ricco come non devi mai dire per chi voti e io allora gli rispondo guarda, mi pare che non vado a votare dal 2006, scegliere il meno in malafede è oggettivamente difficile e non cambia radicalmente la situazione. In merito invece alle xxx euro che vuoi ti dica, va così, del resto Mario ci ha chiesto di fare i sacrifici, le buste paga sono ferme da dieci anni, paga tu xyz euro d’affitto con moglie in maternità che gli ultimi mesi il valore di una mamma è zero euro del suo stipendio quelli prima vale invece il 30% e l’80% mentre altrove vale sempre il 100% che uno gli viene da pensare mamme variabili economicamente nel mondo. E per quell’80% o quel 30% inoltre devi pure penare per averli perché la burocrazia ti affonda andate sul sito dell’INPS e fatevi un giro provate a fare la domanda online, in uno “Stato ladro” tutto è concesso per mettere i bastoni tra le ruote al cittadino e questo “Stato ladro” non l’ho mica detto io non mi sarei mai permesso figuriamoci ma l’ho sentito dire a Oscar Giannino più di una volta nella sua trasmissione radiofonica che ascolto la sera in autostrada verso Milano una volta a settimana e lui di solito è pacato anche se acceso fino a quando all’improvviso verso la fine sbotta e grida: “Questo è uno Stato ladro!” che la prima volta che l’ho sentito io ho anche rallentato e pensato cavolo ma questo lo mettono in galera e invece no fa ancora la trasmissione su Radio 24 per fortuna. Ma xxx euro, dicevo, e poi questo mese la ciliegina sulla torta della tassa sullo sporco: xsd euro per 52mq che uno dice, boh, se l’italiano non fosse vile di natura, massacrato fiscalmente com’è da questo Stato ladro come sostiene Giannino mica io avrebbe già circondato il Parlamento con lance e pugnali.

Comunque, cari miei esattori, non m’impedirete di godermi gli ultimi giorni in montagna con la mia famiglia ospite di Evi e non mi toglierete quindi la sublime sensazione altoatesina di non essere più in Italia, circondato da gente che legge l’Alto Adige, Dolomiten o Bild e guarda con condivisibile sconcertato sgomento comitive di famiglie romane con troppi figli che dicono: “aho, dove annamo stavorta con la maghina a magnà?!”

E poi, la sera, di connettermi a Mediaset Premium Play per guardare un film bello e dimenticato come “L'istruttoria è chiusa: dimentichi” di Damiano Damiani 1972 prima che mi scadano i quindici giorni omaggio dell’offerta Cinema e resti a tasche vuote con la sola offerta Sport peccato, che in ogni caso ho visto la Juventus anche a 1550 metri dentro al maso Unterwerkstatthof giocare e fare 2-2 con i campioni d’Europa del Chelsea dopo che era 2-0 autogol di Bonucci su tiro di Oscar e girata capolavoro sempre di Oscar però non Giannino ci hanno pensato l’incredibile Vidal mai domo pure da zoppo e Quagliarella che ha fatto pure il tunnel a Cech e poi preso una traversa.

Poi, guardando il Latemar mi è venuto in mente quell’editore là che mi deve da due anni circa yxzs euro ma che ci vuoi fare, c’è la crisi mi dice anche gente del settore, avrà i suoi problemi mi dice anche gente del settore scrittori o dipendenti di grandi o piccole case editrici mi dicono che vuoi farci, alzano le piccole spalle e continuano a lavorare insieme al personaggio-editore chiamiamolo pure truffatore per presunti nobili motivi o missioni che nessuno gli ha assegnato, che adesso ho capito perché quando ci sono i Saloni del Libro o le Fiere del Salame lui non si presenta mai o al massimo visita veloce come un coniglio-freccia a un quarto d’ora dalla chiusura perché quei posti quelle sagre sono piene di scrittori ai quali deve dei soldi, e che allora probabilmente lo prenderebbero giustamente a legnate, il bastone e la carota.

lunedì 17 settembre 2012

Finalmente domenica! (4)



Del resto ognuno ha il suo destino, mi dico, e allora mi alzo alle sei e cinquanta dal lunedì al sabato però il giovedì no, meglio se ho preparato i vestiti la sera ma quando mai, quindi nella penombra per non svegliare nessuno cavo fuori dall’armadio il necessario scovando i pantaloni la camicia e le calze, gran casino per le calze e anche sbuffi. Che magari ho appena sognato come ieri notte un Tir che mi viene addosso niente di male, ma io sto procedendo in autostrada regolare con la mia Colt e il Tir sorpassa quello davanti a me ma al contrario ed eccolo qui il Tir enorme e non è che ho tempo di urlare o di aver paura ma di osare una sola parola sì e la parola con il Tir davanti grosso gigante pronto a schiacciarmi è:
“Quindi?”

Il camionista non risponde, la sveglia sì e certe mattine ho un sacco di idee e pure di propositi per il pomeriggio quando mi metterò al computer a scrivere e...ma alle due, quando il turno finisce, tutto è screpolato, il cervello in particolare. Niente di grave, ma trova la freschezza per il proposito, lo sviluppo di quelle idee. Guardingo di conseguenza mi addormento dopo pranzo per un quarto d’ora o due quarti d’ora al massimo convinto di risvegliarmi a posto, o meglio mi addormentavo dopo pranzo perché adesso quando arrivo a casa c’è Pietro che mi fa un sorriso enorme e allora io arrivo alla porta suono apposta il campanello perché fa a voce alta dlin dlon e lui resta a gattoni interdetto e poi gli faccio ps ps e lui alza gli occhi e allora lì fa un sorriso enorme che io penso, ok, questo è comunque un buon romanzo che mai nessuno scriverà. Mi fai venire in mente, Pietro, quando mi avevano parlato dell’odore speciale dei neonati e io avevo pensato certo, come no, poi il giorno che sei nato sono tornato a casa dopo che eravamo stati solo io te e tua mamma nella stanza dell’ospedale per qualche ora ecco sono tornato a casa da solo a prendere una cosa e quando sono entrato la porta ha mosso il vento e io ho risentito quell’odore lì speciale e ho pensato: ma guarda, allora è vero, adesso esiste sul serio quell’odore speciale ce l’ho addosso ed è unico, e già domani non ci sarà più.

Alle due, dicevo, torno a casa con la testa piena di copertine, che la cosa che mi piace di più del mio lavoro sono le copertine dei libri che mi restano in testa, quelle dei saggi però, perché quelle dei nuovi romanzi tendenzialmente ormai fanno pena. Ma quelle dei saggi, ragazzi, fatevi un giro in libreria, e guardatele. Io le imparo, le conservo e quando proprio invadono oltre la fronte le compro tipo il nuovo “Dante” di Marco Santagata, una Scia Mondadori. Compro tutto il libro chiaro, non solo la copertina. Che diciamolo, professor Santagata, nei primi capitoli qualcosa potevi pure tagliare ma voi accademici siete così talvolta vi dilungate ma adesso vediamo la seconda e ti faccio sapere. La copertina però mamma mia, bravi bravi questi della Mondadori che hanno messo insieme Domenico di Michelino, Botticelli, Gustavo Doré e Scuola di Giotto. Poi leggo sul giornale un articolo che giustamente devasta criticamente la raccolta completa dei racconti di Giuseppe Berto appena usciti per la prima volta da Rizzoli in squallida edizione economica senza una data senza una nota e penso mio dio Giuseppe, ti hanno fregato anche stavolta. Torno a casa e per disperazione vado a recuperare Il cielo è rosso, Il male oscuro, La cosa buffa nelle mie edizioni Rizzoli 1966, 1964 e 1969 ed ecco questi sono libri, perbacco, una volta li facevano così i libri Pietro tu non ci crederai ma li facevano belli così. Li metto sul tavolo di legno e chiudo il tris bertiano con Dante allora, che cosa c’entra non so, ma sono belle copertine e fanno un rettangolo di quattro belle copertine.

Infine, le due di domenica non sono le due della settimana, anche Dante, Berto e Santagata saranno d’accordo, e a Marassi la Juventus affronta e batte la squadra più antica d’Italia per tre a uno dopo aver sofferto molto nel primo tempo e dilagato nella ripresa. Reti di Immobile, Giaccherini, Vucinic e Asamoah. Ognuno ha il suo destino, della sua infanzia Dante non parla e ci stupiremmo del contrario, l’infanzia infatti è la grande assente nella letteratura del Medioevo.

lunedì 10 settembre 2012

Finalmente domenica! (3)

Parlavo con Pietro e gli dicevo tanto questa domenica abbiamo tempo e allora ascolta: la fine perfetta de Le avventure di Pinocchio è la prima quando muore impiccato, Collodi non era mica scemo era un genio. Ricapitolando quando il burattino che poi è una marionetta si avvia di notte nel bosco verso il Campo dei miracoli dove seppellire le monete d’oro per moltiplicarle viene assalito dagli Assassini che poi sono il Gatto e la Volpe travestiti ma lui non se ne accorge e quindi scappa arriva a una casa bianca vuoi vedere che mi salvo bussa gli aprono allora c’è qualcuno gli apre una bambina dai capelli turchini che però gli dice: no guarda Pinocchio, qui sono tutti morti e anche io sto solamente aspettando la mia bara. Il burattino probabilmente tira una madonna almeno ma gli Assassini gli sono di nuovo addosso e visto che non riescono a fargli sputare le monete d’oro lo impiccano a una quercia che ora di domattina lo troviamo qui con la bocca spalancata il nasone e le monete escono fuori da sole, imbecille.

Oppure, dico sempre a Pietro, al massimo Collodi poteva fare che Pinocchio s’impicca da solo all’albero perché la vita è uno schifo o quantomeno assurda come sostiene anche Tostoj nella prima parte de La confessione ma deve aver pensato Carlo Lorenzin al rischio emulazione burattina che poi va a finire come col Werther che tanti si comprano la pistola/corda (o se la fanno prestare) si vestono come lui col vestituccio di carta fiorita le scarpe di scorza d’albero il cappellino di midolla di pane e alla mezzanotte si sparano un colpo alla tempia/appendono stretti a un ramo della quercia che tiene.

Comunque Pinocchio finisce così che è decisamente meglio, bravo Collodi, senza tutto il resto dopo eccetera lui che si fa ragazzino, ma figuriamoci. E anzi con il drammatico suicidio del Pinocchio Werther siamo d’accordo io e Pietro che il più è fatto per avvicinare i bambini alla lettura e quando una mamma la prossima volta in libreria mi chiederà quale storia consiglia al mio bambino io le dirò convinto vada ancora tranquilla con Pinocchio signora, ma strappi la seconda parte e la butti nel cestino senza farsi vedere dal pupo.

Questa domenica non c’è il campionato di Serie A, guardiamo dieci minuti la Serie B ma il livello tecnico della partitella in questione è talmente sconfortante molti giocatori marionette storpie dei loro colleghi più alti allora meglio tornare col pensiero alla pur brutta Nazionale di Antonio Conte e Cesare Prandelli che venerdì ha fatto 2-2 con la Bulgaria pur priva di Berbatov che aveva firmato pochi giorni prima per l’Ungheria perché sua moglie preferiva Budapest sia a Firenze che a Torino. Nell’intervallo intervistano Mondonico, lui misteriosamente non toccato dall’omessa denuncia perché a differenza di Conte non sapeva di non potere non sapere ma questi sono dettagli per la triste maggioranza dell’opinione pubblica italiana, l’importante è averla fatta pagare al tecnico salentino, troppo bravo per essere vero e chi se l’aspettava con una squadra normale ha vinto lo scudetto senza mai perdere ma siamo matti, meglio correre ai ripari avranno pensato i potenti abeti del calcio, altro che querce. In ogni caso caro Prandelli resti fra noi ma se copi o ti ispiri lo devi fare bene, ci vuole il carisma per farti credere e la rabbia che quelli non puoi imitarli. Eppure Cesare ti stimo perché sei uno dei pochi con Allegri ad aver espresso sincera solidarietà a Conte per la grottesca squalifica e questo fa di te (ma già lo sapevo) uomo non di legno, aspettavamo Mazzari o Zeman si faceva notte. Poi dopo Mondonico la consueta intervista sovietica al dirigente del calcio mummia che non solo non ringrazia Conte ma non parla nemmeno di Pinocchio e Werther, sono costernato, sarà uno di quelli che addirittura preferisce la seconda parte dell’avventura di Collodi, solo i politici sportivi sanno essere peggiori dei politici normali. E per fortuna che invece dal primo minuto ho messo il volume del televisore a zero per non disturbare Pietro che dormiva così di tutto quello che ho detto non ho sentito niente, magari dopo Abete quelli della Rai intervistavano anche il burattino Carobbio che spiegava come si è venduto le partite per anni 3 ma poi si è pentito ed è diventato un bambino buono Pippo e Pinocchio, fine.

martedì 4 settembre 2012

En l’absence du père. "Mon père était très beau" su "Vers l'avenir"

E che dire dei belgi? Lo so, fino ad ora ho spesso parlato bene dei francesi, adorandoli per l’attenzione che hanno riservato al mio romanzetto. Ma anche ai belgi devo un ringraziamento, in particolare a Michel Paquot che in questa recensione sul quotidiano Vers l’avenir mi regala addirittura 4 stelle, mentre noi in Italia siamo ancora qui a discutere dell’annosa storia delle 3 stelle, per dire. Ma i belgi sono più avanti, peraltro io avevo anche dei lontani parenti in Belgio, i miei genitori nel 1963 andarono in Belgio in viaggio di nozze, e allora.


lunedì 3 settembre 2012

Finalmente domenica! (2)



Ma sì, prima di scendere il Kicker Sportmagazine speciale sulla Bundesliga me lo prendo così saluto il Tirolo del sud come fosse Germania o almeno Austria che poi l’Austria chissà se esiste veramente a sentire Thomas Bernhard, potrebbe essere di no. Eppure la bellezza della Val d’Ega (Eggental) risiede in questa contaminazione italo-tedesca e non avevo bisogno di leggere il pur bello libricino Contromano di Alessandro Banda per saperlo. Che quando ho preso un caffè con lo scrittore Giulio a Padova lui mi ha detto se capita vorrei andare a Merano per conoscerlo questo Banda ma mi hanno detto che è uno difficile e anche antipatico però sai, non so. Nemmeno io. Secondo me prima o poi comunque Giulio ci va, a Merano, ma con Banda non parleranno della cinquantesima Bundesliga, che è questa prossima.
Sfoglio il Kicker e vedo chiaro come un giornale sportivo del genere noi in Italia ce lo sogniamo, popolo di giornalettai in prevalenza scarsi e in malafede. Anche il Guerin sportivo, non regge il confronto. C’è pure la Super-Stecktabelle che voi direte cos’è? Ma sì, è la tabella in cartone con i perfetti simboli-pedina delle squadre da far avanzare di domenica in domenica in base alla classifica: una rigida raffinatezza. Però torno italiano e il loro campionato non è mica bello come il nostro nonostante tutto penso, e allora siamo pari. Sfoglio il Kicker ma non ritrovo i ricordi dei vecchi campionati e dei campioni di un tempo e ci credo, mica la guardavo da piccolo, la Bundesliga.
Quindi scendo, faccio benzina e mi viene in mente quello che mi ha detto quel professore e cioè che l’annessione all’Austria non conviene a nessuno tanto meno ai tirolesi che ricevono tre volte indietro le tasse che pagano. Possibile? Buon per loro. Faccio benzina c’è uno con una Corvette, apre la portiera e ha una sola gamba l’altra come Pistorius e penso che preferirebbe avere una Fiat Panda ma due gambe intere, sicuramente. Che privilegio è, avere due gambe intere?
Il benzinaio mi dice: Verde? Ok, poi se voglio comprare anche delle mele, che è strano detto da un benzinaio. Ma sono le prime della stagione che i contadini altoatesini gli hanno portato da vendere perché dal benzinaio ci passano tutti.
Scendo, da quanti anni devo leggere Diario di un curato di campagna? l’avevo comprato da ragazzo, una volta scartata l’idea di farmi prete o frate anche ma non solo per via di un paio di ragazze una con i capelli tra il castano e il biondo e gli occhi verdi. L’autostrada del Brennero è mezza vuota, gli italiani tornano in giù, i tedeschi tornano in su. Sarà che è giornata di campionato.
Ascolto la radio e penso al Kicker, un motivo valido per riprendere lo studio del tedesco, per fare finta che la Bundesliga sia la Serie A. E a Nicklas Bendtner, nuovo centravanti della Juventus che sembra uscito fuori da un film di Kaurismäki. Biondo spilungone danese, leggerà Kierkegaard prima di ogni allenamento? Seguirà dibattito con Conte e Carrera?
Udinese-Juventus finisce uno a quattro per via di Vidal, Vucinic, Giovinco (due) e Lazzari. Arrivederci Tirolo, non fa nemmeno troppo caldo, in pianura.

venerdì 31 agosto 2012

Bendtner, Kaurismäki

Ma questo Bendtner sembra uscito fuori da un film di Kaurismäki. Speriamo giochi vestito così.

lunedì 27 agosto 2012

Finalmente domenica! (1)

Quante cose da dire, oggi, che è la prima di campionato. Ieri ho letto sul Foglio Giuliano Ferrara ringraziare Ezio Mauro per aver risposto a una domanda, cosa che ha consentito al direttore di Repubblica di prendere le distanze dal principale quotidiano di destra in Italia, il Fatto Quotidiano e dal suo principe fondatore e Junio Valerio Borghese: Marco Travaglio.
Però, hanno anche tolto sette titoli del Tour de France a Lance Armstrong, e questo accadimento americano per la prima volta me lo ha reso simpatico e forse idolo il texano, meno corrotto lui, che i vertici di un sistema anti-doping mondiale buono a chiudere occhi quando serve, e a vendicarsi senza prove quando lo ritiene opportuno, a carriera terminata, presunta giustizia sportiva invero marcia, non solo da noi in Italia.
Ma oggi dicevo inizia il campionato, in realtà ieri. Non fidatevi dei grotteschi quotidiani sportivi che troverete in edicola pronti a “regalarvi” la guida migliore alla Serie A, quella più bella (oltre alla mia e a quelle dei miei amici di Quasi Rete, chiaro) l’hanno scritta Francesco Marinelli e Giovanni Zagni per Il Post e la trovate gratis, in internet.
Ieri sera allora mi sono recato invece a Deutschnofen (Nova Ponente) nella speranza che al ristorante Sportcenter in Forastrasse facessero vedere Juventus-Parma e non Stoccarda-Wolsburg. Lì i proprietari tengono al Bayern Monaco, almeno padre e figlio che adottano posture simili tra i tavoli e da quello ho capito la prima volta che erano padre e figlio, in particolare da come mettevano in tasca la macchinetta elettronica per registrare le ordinazioni. Comunque, ieri allo Sportcenter avevano come al solito le magliette e le bandiere rosse e bianche bavaresi attaccate con le puntine al bel soffitto di legno vicino all’enorme televisore. Più lontane nell’angolo ce n’erano pure un paio dello Schalke 04, ma il loro essere così defilate qualcosa voleva pur dire. Mi sono presentato e ho detto buonasera padre e figlio, non so se vi ricordate ma ero stato qui da voi anche in aprile e mi avevate fatto vedere Cesena-Juventus che non interessava a nessuno qui nel Tirolo del sud eppure avevate acceso il televisore solo per me e l’avevo apprezzato. Aveva segnato Borriello che poi era corso ad abbracciare Conte che aveva continuato a farlo giocare per diverse partite anche quando tutti gli altri dicevano basta, non ne possiamo più. Poi allo stadio di Milano qualcuno gridava che il Cesena aveva pareggiato ma io fissavo lo schermo in montagna e dicevo impossibile qui il risultato è ancora 0-1 e non è probabile che ci sia così tanta differenza di segnale tra Lombardia e Alto Adige.
Così anche stasera padre e figlio mi hanno fatto vedere la partita italiana, resa più sublime dall’assenza del consueto logorante commento italiano, io ho bevuto una Weihenstephan che è la birra più antica del mondo dal 1040 (älteste Brauerei der Welt) e mi sono ricordato che nel pomeriggio ero a duemila metri a passeggiare con Marta e Pietro e mentre noi avanzavamo nel vento gli alberi parevano stare più immobili del normale ed avevo pensato che il fenomeno fosse da attribuire alla diversa pesantezza dell’aria o a qualche forma di breve spiritualità.
Quindi Juventus-Parma è finita due a zero con goal da centravanti di Lichsteiner su assist del migliore in campo Asamoah e raddoppio del saggio barbuto Pirlo su punizione geniale e rasoterra, mentre Stoccarda-Wolsfburg è stata decisa dal verde Dost al 90’ dopo che il rosso Ibisevic aveva sbagliato un rigore all’88’.
In definitiva sono tornato a casa lungo le curve tirolesi al buio e ho trovato nel letto Pietro che dormiva girato su un fianco e mi faceva ridere perché voi non so se ce l’avete presente ma uno di sette mesi che dorme su un fianco fa ridere perché ha le spalle strette e piccole visto da dietro, soprattutto, e viene voglia di dargli un colpetto sulla spalla e chiedergli scusi, cerchi di dormire per favore domani mattina almeno fino alle otto, buonanotte.

domenica 26 agosto 2012

Finalmente domenica!


Da domani, su Quasi Rete, Finalmente Domenica!
La nuova rubrica probabilmente settimanale di Savio e Gurrado.
Da non perdere.