martedì 30 settembre 2014

A passeggio con il campionato (5)


Milano – Stento a ricordarlo ma da ragazzo passavo anche mezz’ore di fronte alla scaffale di Poesia della Feltrinelli di Brescia in via Mazzini, adesso non andate, c’è una Mondadori, la Feltrinelli si è spostata da qualche anno in corso Zanardelli, ma va anche sottolineato come i loghi luminosi fuori dai rispettivi negozi non siano poi così diversi, quelli di Mondadori e Feltrinelli, girate la Emme e troverete la Effe. Comunque stazionavo davanti alla Poesia, Sandro Penna e Giovanni Giudici, non era sempre breve il tempo necessario alla decisione, quindi mi giravo e andavo a pagare alla cassa, con alcuni librai della città dove sono nato adesso ci conosciamo meglio, anche se meno di quello che vorrei. Uscivo dalla libreria di via Mazzini, camminavo e camminavo alla ricerca di nuove prospettive, non sapevo cosa significasse essere flâneur, Charles Baudelaire, Walter Benjamin, Robert Walser, essere un botanico da marciapiede. Ascoltavo musica, guardavo le ragazze, mi ritrovavo a compiere gli stessi giri perché alla fine Brescia non era così grande, trasferito a Milano a lavorare in una libreria Feltrinelli avevo finalmente aggiunto nuovi percorsi alle mie canzoni.
La collezione di poesia Einaudi, detta generalmente “collana bianca”, è nata nel 1964. Per festeggiare il compleanno del mezzo secolo cinquanta poeti italiani che hanno pubblicato nella collana offrono ai lettori una loro poesia inedita. Sfoglio in libreria il volumetto da regalare al cliente in caso di acquisto di due libri della collana ma passano i giorni e non li compra nessuno, i libri della collezione di poesia Einaudi. Generalmente in pochi acquistano un libro di poesia figuriamoci due, allora me lo porto in cassa 50 anni di bianca e leggo:

Meraviglia dello stare bene
quando le formiche mentali
non partoriscono altre formiche
e si sta leggeri come capre sulla rupe
della gioia
(Mariangela Gualtieri)

Mi sembra la migliore.
Arriva un cliente che mi dice:
“Certo che far pagare i sacchetti di carta, proprio voi che vendete i libri di carta…”
“In che senso?”
“No dico, vendete i libri di carta però i sacchetti di carta li fate pagare, assurdo.”
“Perché è assurdo?”
“Assurdo.”
Sparati, penso. Che ne sai tu della meraviglia dello stare bene, quando le formiche mentali non partoriscono altre formiche e si sta leggeri come capre sulla rupe, della gioia.
Finisco il turno lavorativo e mi metto a passeggiare con la musica di quando ero ragazzo nella testa, sono flâneur a Milano e Caterina questa tua canzone la vorrei veder volare sopra i tetti di Firenze per poterti consolare.
Mancavano pochi minuti al novantesimo e Mattia Destro contro il Verona ha stoppato di petto prima di calciare dopo un rimbalzo all’improvviso quasi dal cerchio di centrocampo. Il pallone è finito in rete disegnando una collina, con il portiere che si è messo a correre all’indietro disperato ma è finito accartocciato. 

giovedì 25 settembre 2014

A passeggio con il campionato (4)


Sestri Levante – Tirando le somme ho conosciuto tre Dino Zoff in vita mia: lui, mio zio e le uova che mia madre metteva nel frullatore. Lui lo conoscete tutti, se volete approfondire lo studio dell’uomo e del campione potete leggere la biografia appena uscita per Mondadori scritta a dire il vero in collaborazione con un giornalista che non stimo, e infatti niente di più da un punto di vista narrativo che un susseguirsi di ricordi, ma dall’ottimo titolo Dura solo un attimo, la gloria. Mio zio invece non era Dino Zoff, nonostante si chiamasse Dino e avesse la barba, non che Dino Zoff avesse la barba adesso che ci penso, ma da bambino mio zio Dino per me era Zoff, parlava poco come lui, stava tendenzialmente  in disparte durante i pranzi parentali di Pasqua e Natale, teneva alla Juventus anche se con moderazione (ogni cosa in lui era moderazione) per questo talvolta gli chiedevo:
“Ma zio, tu davvero non sei Dino Zoff?”
Lui diceva No con la sua voce baritonale, non sono Dino Zoff ma solamente Dino, tuo zio. Io pensavo eppure ci assomiglia, stai a vedere che mio zio è Zoff ma non vuole dirmelo, crescendo una cugina osservando una fotografia in bianco e nero dello zio Dino con il cappello di paglia avrebbe affermato:
“Guarda, lo zio pare Hemingway.”
Io avrei risposto accipicchia che parabola esistenziale: prima Zoff, poi Hemingway.
Per quanto riguarda le uova invece, mia madre aveva scoperto che da ragazzino il futuro e tranquillo portiere mondiale era piccolo, troppo piccolo di statura tanto che la nonna aveva pensato di fargli mangiare un uovo al giorno fino a farlo divenire grande, almeno sufficientemente per parare. Anche io esitavo ad alzarmi in centimetri, così mia madre aveva cominciato a fare dei frullati dopo pranzo, interrompendo il mescolamento di latte e frutta per calare dall’alto nel basso del frullatore un tuorlo d’uovo perché aveva letto da qualche parte che pure la nonna di Zoff, eccetera. Io tornando da scuola diffidavo, non mi andava l’uovo nel frullato, ascoltavo il rumore della frutta e del latte che si mischiavano attraverso il piccolo elettrodomestico interrompersi improvviso, poi ripartire, il tempo in teoria necessario a mia madre per aggiungere l’uovo al frullato, mia madre negava risoluta di aver corretto il beverone, io andavo a verificare nella pattumiera e trovavo la prova del guscio buttato che svelava il mistero. Poi avevo imparato a berlo lo stesso per diventare grande.
Così, quando trent’anni dopo leggendo il quotidiano del noioso Barbapapà sono capitato per caso dentro un articolo che annunciava l’uscita della biografia di Dino Zoff mi sono detto andiamo a controllare questa storia delle uova. Ho chiamato al telefono mi madre e le ho detto:
“Ti ricordi quella vecchia faccenda delle uova? Vado a controllare.”
Mia madre ha detto:
“Fammi sapere.”
Così sono andato a Sestri Levante ma pioveva e mi sono rifugiato in una piccola libreria Mondadori. La biografia c’era ma costava 17 euro e 50, decisamente troppi. Mi sono limitato a cercare rapidamente tra le pagine la storia delle uova e poi sono uscito proseguendo senza più gocce in testa fino alla Baia del Silenzio. C’era poca gente, quasi tutti fuggiti gridando per la pioggia di cui sopra. Con Pietro abbiamo tirato i sassi nel mare consapevoli della difficoltà del rimbalzo. Nel turno infrasettimanale, mi riferisco per la precisione alla quarta giornata, Juventus e Roma hanno vinto rispettivamente con Cesena e Parma mantenendo la testa della classifica a punteggio pieno.

lunedì 22 settembre 2014

A passeggio con il campionato (3)


Chiavari – Mangiavo farinata e alici fritte da Vittorio (osteria con cucina, Chiavari) mentre Milan e Juventus si apprestavano a scendere in campo, a Milano, avvenimento che tuttavia il vino bianco mi faceva quasi scordare mentre osservavo la gente in fila appoggiata al muro in attesa che noi finissimo, si trattava di persone in ritardo oppure non consapevoli che da Vittorio arrivare alle 19.30 significa accodarsi a un attesa nervosa almeno fino al creme caramel o al tirami su consumato da chi ti ha preceduto e ti guarda dal tavolo, conoscitore del luogo e delle abitudini, cercando di mantenere la lentezza del pasto perché ci mancherebbe non può essere colpa nostra. Mangiavo farinata e alici fritte da Vittorio e pensavo a quale era la migliore, di farinata, se quella di Vittorio o quella di Baiciotto, sempre Chiavari, che avevo provato solamente due sere prima, se soggiorni in Liguria per qualche giorno è un delitto non mangiare la farinata. Comunque mangiavo e bevevo, consapevole della mia religiosa mortalità grazie al buon vino, piazza Fenice mi era piaciuta anche l’altra volta quando mi ero messo a giocare a pallina con Pietro, adesso invece campeggiava un cartello con scritto “Vietato il gioco della palla”, l’avevano mica messo per noi? In ogni caso la loro colpa linguistica li avrebbe accompagnati all’inferno, si chiama calcio non gioco della palla. I murati vivi guardavano impazienti battendo a terra le infradito, buono il tirami su andate almeno a casa a cambiarvi, dicevo a Marco che a Milano non si trovano più posti come Vittorio dove mangi bene secondo la tradizione popolare non divenuta moda meneghina così abile ad alzare prezzi e ridurre porzioni, maledetta capitale del Nord, a Roma ad esempio avevo mangiato da Mario, a pochi passi dal Pantheon provando tuttavia sensazioni simili a quelle di Vittorio, alla parete stavano appese fotografie della Lazio se non ricordo male. Ma qui, la sera di Milan-Juventus a Chiavari, arrivavo a pensare che se l’Entella mi avesse proposto un biennale per concludere la carriera avrei potuto anche accettarlo, io Pirlo della Riviera umile a scendere di categoria tanto ormai avevo trentanove anni e un figlio stupendo, ascoltavo lontane le note di un disco di Nick Drake addormentarsi nel mio cervello, facciamo Bryter Layter, mentre a San Siro Barbara Berlusconi esibiva la sua maglietta attillata del Milan sotto la giacca di pelle buona tuttavia per distrarre gli spettatori ma non i calciatori Alexandre Pato escluso, in campo infatti i rossoneri stavano arroccati in nove al confine delle loro oggettive e attuali possibilità, diciamo il limite della propria area, mentre la Juventus seppur lentamente dava l’impressione del cobra che prima o poi avrebbe morso, colpito, ucciso la giovane preda. L’omicidio sarebbe avvenuto al ventiseiesimo del secondo tempo grazie a Carlos Tevez, beffardo nello scivolare prima di toccarla per Pogba, sornione fino a quel momento ma illuminato nell’immaginare un triangolo di ritorno per il grasso argentino poi infantile nel superare Abbiati con un tocco di piatto e infilarsi un ciuccio in bocca: Milan 0, Juventus 1. Io ne approfittavo per alzarmi dalla sedia e sentire il sospiro degli aspettanti pronti a sferrare l’attacco decisivo al menù da troppo agognato, arrivederci Vittorio, tornando all’automobile Chiavari sembrava Napoli con i motorini truccati e corso Garibaldi infestato da un locale per giovani ritardati caratterizzato da una musica da discoteca propagata oltre il livello del respiro condominiale da un gestore impunito e probabilmente protetto. In cinque giorni di mare non avevo letto nulla, scritto nulla, solo vissuto e pensato qualcosa che poi forse avrei dimenticato, e allora quale libro mettere a passeggio con il campionato, Mosca-Petuskì poema ferroviario di Venedikt Erofeev, povero disgraziato, nato nel ’38 e morto nel ’90, capace in vita di numerosi mestieri tra i quali il disoccupato (in Unione Sovietica, dove la disoccupazione non esisteva) e a lungo senza fissa dimora (in Unione Sovietica, dove non si poteva essere sena fissa dimora), oggi uno dei più conosciuti, imitati, ammirati, odiati, calunniati, malsopportati autori russi del Novecento.

lunedì 15 settembre 2014

A passeggio con il campionato (2)


Milano - Provo quasi un malessere fisico quando mi reco al lavoro domenicale, i cattolici entrano a messa al piccolo trotto, sorvolati dai piccioni, donano al mendicante immigrato appollaiato sugli scalini un paio di spiccioli, anche se puzza un po' e loro sono tutti vestiti così bene. Ma poi mi passa, dico la storia del lavoro domenicale, entro in libreria e prendo il romanzo o il saggio che nel corso della settimana mi ha più colpito, lo appoggio al mio fianco nella postazione che mi spetta, ultimamente a sorpresa la cassa numero 7, consapevole e speranzoso che al momento opportuno tornerà utile come ancora di salvataggio quando le code dei clienti si faranno lunghe, e semplici lobotomizzati oppure raffinati (ai loro occhi) radical chic inizieranno a sbuffare per l’attesa, fregandosene dei perché e del contratto di solidarietà. Talvolta basta uno sguardo al mio amico libro per ritrovare contatto con la realtà, continuare a fare il mestiere che preferisco e che mi viene negato, questo week end è la volta di Ugo da Guzzano, di Ugo Cornia e dei suoi Animali (topi gatti cani e mia sorella), di una casa di famiglia sull’Appennino bolognese, di una vecchia casa dove gli animali sono una presenza nota. Non che io ami particolarmente gli animali, specie i cani trasformati in sottospecie umana da noiosi padroni di bestie che spesso mi capita di sorprendere mentre ad esempio infrangono le leggi del raccoglimento dell’adorata cacca o del guinzaglio obbligatorio nei parchi pubblici, ma lo stile di Ugo Cornia che mastico da anni quello sì, con quel suo in apparenza grazioso non prendersi sul serio in un mondo letterario dove invece, poi non lo so.
Ma ecco spuntare tra la folla il noto giornalista con le sue belle bretelle e il suo serafico sorriso:
“Buongiorno Francesco, che ne dice di consigliare il mio nuovo libro? Ha visto le mie bretelle? Il mio serafico sorriso?”
“Certo signore, le sue bretelle non passano inosservate, e nemmeno il suo serafico sorriso. Però guardi per via del libro ci penso, al momento sto già consigliando Animali (topi gatti cani e mia sorella) di Ugo Cornia, non vorrei fare confusione. Tuttavia se lei salta la barricata e batte qualche scontrino al posto mio possiamo trovare un accordo, Walter Mazzarri si è rotto una mano contro il filo spinato, oppure cadendo dalle scale e vorrei verificare di persona.”
Il giornalista allunga la bretella con un dito, prende la rincorsa e salta dentro al loculo di legno e vetro che costituisce il mio soggiorno per fortuna non definitivo, sono momentaneamente libero e posso così recarmi allo stadio Meazza in San Siro dove Mazzarri, probabilmente per via della scivolata scalina che gli ha fatto percepire l’esile provvisorietà dell’esistenza, propone una formazione spregiudicata con addirittura i qualitativi Kovacic ed Hernanes a supporto delle punte Icardi e Osvaldo, il tutto ben bilanciato dal temibile Medel, molto più di un feroce pitbull. L’allenatore Eusebio del Sassuolo invece risponde con un 4-3-3 caratterizzato dal tridente offensivo Berardi-Zaza-Sansone, ma da subito si mette a sedere sul lettino del personale calcio psicologico ed espone al medico tutta l’incoscienza del proprio bagaglio zdzenekzemaniano. Andrà a finire con il neo-portiere neroverde Consigli costretto a recuperare il pallone meneghino in fondo al sacco per una, due, tre, quattro, cinque, sei, sette volte: Icardi, Kovacic, Icardi, Osvaldo, Icardi, Osvaldo, Guarin. Inter 7, Sassuolo 0.
Mi sfrego le mani e m’incammino verso la libreria, non che sia diventato di colpo interista, ma ho pronosticato la squadra di Mazzarri come terza forza del campionato e se le cose proseguiranno di questo passo, con questo assetto tattico ci sono buone probabilità che io possa vantarmi a fine anno con gli amici del bar, come in altre numerose circostanze. E poi grazie al giornalista ho evitato almeno due delle otto ore di cassa 7. Ritorno in libreria e dopo molti scontrini battuti il suo sorriso è meno serafico, le sue bretelle meno elastiche, il suo volto oscuro. Chiudiamo insieme le saracinesche e la messa è finita, andiamo in pace.

martedì 2 settembre 2014

A passeggio con il campionato (1)



Milano – Esco di casa al calar della sera dell’ultimo giorno del calciomercato estivo e becco il figlio del mio amico fruttivendolo milanista che sta dando fuoco a un cassonetto della spazzatura.
“Hey, cosa fai?”
“E’ per via della cessione a titolo definitivo di Bryan Cristante al Benfica, non sono d’accordo”.
“E vabbè, cosa avresti dovuto fare allora ai tempi del passaggio di Andrea Pirlo alla Juventus?”
“Questo è vero”.
Insomma riconduco il figlio del fruttivendolo a più miti azioni, spegniamo il fuoco sporco con dei secchi di acqua gelata che in questi giorni va tanto di moda, ma in altre zone della città persistono e si riproducono nuovi focolai della protesta, un gruppo di tifosi pare abbia assaltato la nuova sede storta rossonera di via Aldo Rossi, anche Casa Milan brucia e sono scontento perché non ho fatto ancora in tempo a visitare il museo, e nemmeno a incontrare per caso Barbara Berlusconi che fuma una sigaretta facendo su e giù nervosa o pensante nella grande piazza al Portello.
“Mi sembra tutto un po’ esagerato” dico passeggiando a fianco del mio amico di frutta redento “non si bruciano i cassonetti e meno che mai i libri. Pensa che durante gli inverni a Crum, le giornate erano lunghe, noiose e fredde. Durante le estati invece le giornate erano lunghe, noiose e calde. A Crum, solo la temperatura cambiava”.
Lui mi chiede:
“Cos’è Crum?”
E io:
“Una rozza città sul confine tra West Virginia e Kentucky, o meglio il romanzo scritto nel 1985 da Lee Maynard che ho comprato qualche giorno fa con circa trent’anni di ritardo, ma ne valeva la pena. E poi scusa, questo Bryan Cristante faceva la riserva a Poli e Muntari, venderlo per sei milioni di euro potrebbe anche rappresentare qualcosa di non automaticamente negativo, bisogna vedere come spendi dopo i denari che hai incassato, intanto Bryan andrà a vivere e a giocare a Lisbona beato lui, potessi farlo io che viceversa concludo qui il mio breve sogno portoghese e la mia discutibile dissertazione sul calciomercato e sulla città di Crum dove i passatempi preferiti dei ragazzi sono fare a botte, bestemmiare, andare a caccia e talvolta rimorchiare una ragazza. Ma non bruciare cassonetti. Del resto la popolazione di Crum, West Virginia, vanta 219 esseri umani, due subumani, un paio di pattuglie di cani di vario tipo, almeno un gatto, un mulo ritardato e il mito sempre vivo di Crash Corrigan”.
La classifica della Serie A dopo la prima giornata invece parla chiaro e dice Milan, Roma, Udinese, Napoli, Cesena, Juventus 3 punti. Cagliari, Palermo, Sampdoria, Sassuolo, Atalanta, Hellas Verona, Inter, Torino 1 punto. Genoa, Chievo Verona, Parma, Lazio, Empoli, Fiorentina 0 punti. Sarà bene ricordarla quando tra quindici giorni riprenderà il campionato, superata la sempre fastidiosa prima pausa dedicata alla Nazionale, questa volta leggermente più interessante per la presenza del nuovo Commissario tecnico sulla panchina azzurra.